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Green pass: serve documento d’identità?

Il Ministro esonera gli esercenti dall’obbligo di chiedere un documento, lasciando quello di pretendere la certificazione. 

Si pensava leggendo il Dpcm sul Green Pass (uno dei molti decreti approvati in fretta), che per evitare il proliferare d’imbrogli (falsi QR code), avesse regolarizzato l’entrata in vigore dell’obbligo di esibire il Green pass, insieme al documento d’identità.

Mentre si è rilevato che l’esercente è tenuto a chiedere all’avventore se ha con sé solo il certificato verde. Il cliente dunque, per potersi accomodare, deve mostrare il QR code, che può essere salvato sul telefonino o stampato su carta. Tutto ciò, per dimostrare che ha fatto una o due dosi del vaccino, che è guarito dal Covid o che ha fatto un tampone nelle ultime 48 ore. 

Ma il punto che genera conflitto tra imprenditori e governo è: come poter essere sicuri che il Green pass mostrato, appartenga davvero a chi lo sta mostrando?

L’unico modo sembra essere chiedere al cliente un documento di identità, così da poterne verificarne la congruenza, con i dati riportati nella certificazione anti-Covid.

Il dubbio che riempie le pagine dei giornali è e resta quello: l’imprenditore può chiedere, ma non obbligare l’avventore a mostrare il documento. 

Cosa dice il codice penale?

All’Art. 651 recita: “Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni(1), rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali(2)(3), è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206.”

Note

(1) La richiesta deve essere legittima e deve al contempo provenire da un pubblico ufficiale; qualifica riconosciuta anche al controllore o al capotreno rispetto al controllo dei titoli di viaggio.
 
(2) Si tratta di un reato omissivo proprio che difatti si sostanzia in un’attività di inerzia nei riguardi della richiesta di identificazione mossa dall’autorità di polizia.
 
(3) E’ sufficiente ai fini dell’integrazione della norma in esame che il soggetto declini le proprie generalità; non essendo richiesto che fornisca i documenti attestanti la propria identità personale.
 

L’intervento di Palazzo Chigi: controlli mirati e sanzioni severe

A seguito del Dpcm c’erano diverse voci di imprenditori che lamentavano: “Noi non siamo dei pubblici ufficiali”. Mentre il governo stesso precisava: “nemmeno incaricati di un pubblico servizio”; infatti un locale pubblico non è sinonimo di un servizio pubblico. 

Secondo il Dpcm, istitutivo del Green Pass firmato dal premier Mario Draghi; però i cittadini non potranno rifiutarsi di esibire la carta di identità, a chi è incaricato dei controlli “anche se il verificatore non rientra nella categoria dei pubblici ufficiali”.  

In altre parole, quello che il Governo ha scritto, è che l’addetto al controllo non ha l’obbligo ne può obbligare il cliente ha mostrare un documento d’identità. L’esercente è invece obbligato, a chiedere il Green pass ed a vietare la consumazione nei tavoli interni a chi ne sia sprovvisto. Potrà però impedire l’ingresso a chi mostri un green pass, non congruente con la persona fisica, che non voglia mostrare un documento. 

 

Green Pass, le precisazioni del Viminale 

La circolare del Ministro degli Interni precisa: i ristoratori non sono tenuti ad appurare l’identità di tutti i clienti, ma sarà lecito farlo in caso di falsi palesi.

Si fa l’esempio del ragazzo ventenne, che in pizzeria esibisce prontamente il Green Pass, la app dà il semaforo verde; ma se sulla schermata l’età o il sesso dell’intestatario, che rivela il QR code fossero incongruenti, il gestore o l’addetto, per far entrare la persona dovranno chiedere al cliente di mostrare un documento di identità. Anche se il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, “come riporta il Corriere.it” ha detto : “I titolari dei locali non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti, faremo una circolare di chiarimento su questo. Noi chiediamo venga richiesto al chiuso il Green pass”.

Mentre in normali circostanze, “la verifica dell’identità, della persona in possesso della certificazione verde, ha natura discrezionale”.
Ma vediamo a seguito della circolare, quali saranno i controlli e le sanzioni

In tutte le attività in cui è previsto il Green Pass (bar, ristoranti, piscine, palestre, cinema, teatri al chiuso, stadi, concerti, luoghi di cultura, mostre, musei): il titolare dell’esercizio o i suoi delegati dovranno chiedere al cliente di esibire il Green Pass e verificare, utilizzando la app VerificaC19, che il Qr code inquadrato riceva la luce verde.

Sullo schermo del controllore apparirà nome, cognome ed età del titolare del certificato, nessun altro elemento che leda la privacy. Il controllo finisce qui, nessuno chiederà il documento di identità tranne in casi di “palesi violazioni”. La ministra Lamorgese avverte: non si escludono «controlli a campione nei locali insieme alla polizia amministrativa».

Cosa succede però nel caso in cui nel locale si presentino le forze dell’ordine per un’ulteriore verifica?

I clienti dovranno esibire di nuovo Green Pass e stavolta il documento di identità. Se saranno sprovvisti pagheranno una multa da 400 a 1000 euro, a cui si aggiunge una denuncia per falso se la loro identità non corrisponderà alla certificazione verde. Il titolare dell’attività, invece, sarà passibile della stessa sanzione (che se ripetuta tre volte potrà portare anche alla sospensione dell’attività); ma solo se non chiederà il pass ma non potrà essere ritenuto responsabile di un eventuale uso scorretto. Chi no lo fa rischia, se la violazione è ripetuta per almeno tre volte in tre giorni diversi, la chiusura, da 1 a 10 giorni, dell’attività imprenditoriale.

 CITTADINI NELCUORE

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