E’ tempo che la settimana diventi corta?
Dopo la conquista del sabato libero e quella successiva delle 40 ore settimanali, non si è più discusso seriamente di riduzioni d’orario
In Italia, la giornata di lavoro standard è rimasta quella che chiedevano le mondine del Vercellese a inizio ‘900: ‘Se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorare e sentirete la differenza di lavorar e comandar’.
E’ con la Legge 196 del 24 giugno 1997, che seguendo le linee guida già tracciate dalla contrattazione collettiva, è stato posto il tetto all’orario settimanale di lavoro, pari a 40 ore settimanali e a quello giornaliero di 8.
Ridurre l’orario a parità di retribuzione una necessità conosciuta da 150 anni
[La macchina, da un lato, riduce il lavoro contenuto nelle merce forza-lavoro.
Ciò, a parità di giornata lavorativa, diminuisce il salario (costo del lavoro) e aumenta il plusvalore relativo (sfruttamento)]K. Marx.
Occorre che la politica metta al più presto in agenda la riduzione delle ore lavorative, al fine di combattere la crisi occupazione e redistribuire il lavoro esistente e quello in corso di creazione tra tutti coloro che lo possono esercitare.
Una necessità impellente, anche a causa della disoccupazione “tecnologica” iniziata e della quale si intravede all’orizzonte un aumento fisiologico. La perdita di posti di lavoro dovuta a nuove tecnologie, le quali ovviamente riducono la necessità di mano d’opera, rende necessario operare un taglio dell’orario massimo di lavoro, attualmente fermo da troppi anni.
Il sempre più rapido sviluppo della trasformazione digitale, deve essere compensato sia dalla nascita di nuovi “mercati del lavoro”, sia da con una riduzione programmata dell’orario di lavoro, a scadenze predeterminate prorogabili; ciò allo scopo di mantenere il tasso di disoccupazione (specialmente la giovanile) al di sotto del 5%.
Occorre anche affrontare con un piano decennale, il “dramma” del basso tasso di occupazione italiano (solo la Grecia sta peggio di noi); al fine di avvicinarsi al 75%, come nelle migliori nazioni europee e che almeno raggiunga il 70% entro il 2030.
Molte nazioni e società multinazionali hanno ridotto l’orario o avviato sperimentazioni con risultati molto incoraggianti
Diverse nazioni dell’occidente, hanno già superato il vecchio e tradizionale modello delle 40 ore, ancora utilizzato in Italia. Altre ne stanno parlando o programmando. Vediamone alcune:
- La Francia, per esempio, è passata a 35 nel 2002, i metalmeccanici tedeschi a 28 tre anni fa. Per gran parte del mondo, però, le otto ore al giorno sognate da Robert Owen sono state una delle ultime grandi rivoluzioni.
- Il progetto che ha trovato maggiore risonanza, finora, è stato quello dell’Islanda, che tra il 2015 e il 2019 ha sperimentato diversi tagli di orario, senza diminuzioni di stipendio, in 66 luoghi di lavoro. La ricerca ha coinvolto 2.500 persone, alcune delle quali hanno lavorato quattro giorni a settimana. Autonomy, società di ricerca che ha analizzato i risultati, ha definito l’esito “un successo straordinario”. Un rapporto ha concluso che la produttività è rimasta costante o è aumentata, mentre i dipendenti hanno accusato meno stress e hanno avuto più tempo da dedicare alla famiglia e agli hobby.
- Nel 2019 Dimitri Medvedev, all’epoca primo ministro russo, disse che “i contratti di lavoro del futuro saranno basati su una settimana di quattro giorni”.
- Quella scozzese, Nicola Sturgeon, ha promesso un fondo da 10 milioni di sterline “per permettere alle aziende di esplorare i benefici di una settimana lavorativa da quattro giorni”.
- In Spagna, il partito Más País ha promosso un progetto pilota per una settimana di 32 ore, per ridurre l’inquinamento e “mettere la salute mentale al centro dell’agenda politica”.
- E anche l’ultimo Piano economico annuale giapponese propone di incoraggiare le aziende a lasciare ai dipendenti la scelta tra i quattro e i cinque giorni.
Anche per questo motivo molte imprese, incluse diverse multinazionali, hanno sperimentato a loro volta riduzioni dell’orario o dei giorni di lavoro:
- Unilever, per esempio, ha avviato nel 2020 un programma che permette ai dipendenti neozelandesi di lavorare quattro giorni a settimana e scegliere come distribuire quelli di riposo. Dopo un anno di prova deciderà se prolungare il regime ed estenderlo agli altri 150mila dipendenti mondiali.
- Nell’agosto 2019, Microsoft ha chiuso i suoi uffici giapponesi il venerdì. La produttività, ha fatto sapere l’azienda, è aumentata del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
- In Svezia, Toyota ha sperimentato invece turni di sei ore anziché otto. Anche in questo caso, con un aumento dell’efficienza.
- Larry Page, cofondatore di Google, è tra coloro che hanno ipotizzato la riduzione di ore e giorni di lavoro per compensare il progresso tecnologico.
Per farlo occorre liberare risorse per investimenti atti ad aumentare la produttività, in presenza di una riduzione dell’orario di lavoro
Oltre ad agevolare la nascita di nuovi ambiti e nuove attività che generino nuove occasioni di lavoro, occorre ripensare gli orari settimanali di lavoro, anche diversificati per tipologia. Escludendo i settori e i ruoli che sono molto richiesti, gli orari vanno ridotti, per consentire l’assorbimento dei disoccupati; al fine di portare il tasso di disoccupazione intorno al 5% (tasso accettabile quasi come fisiologico) insomma per lavorare tutti occorre che tutti lavorino meno.
CITTADINI NEL CUORE
Allegati:
La Costituzione non fornisce alcuna definizione di orario di lavoro né pone limiti, l’art. 36 comma 2 si limita a rinviare alla legge la fissazione di un tetto massimo di durata giornaliera.
L’art. 2107 cod. civ., a sua volta, fa rinvio a leggi speciali e alla contrattazione collettiva la determinazione temporale della giornata e della settimana lavorativa.
Orario normale di lavoro
Il decreto, riprendendo l’approccio di cui alla legge n. 196/1997, definisce orario normale il limite delle 40 ore settimanali sancito da quest’ultimo provvedimento. Il decreto rimette alla contrattazione collettiva la possibilità, sulla scorta della direttiva 93/104/CE e successiva modifica 2000/34/CE; apportare delle variazioni all’orario settimanale di lavoro (cosiddetto orario multiperiodale) rapportandolo ad una durata media in relazione ad un periodo predeterminato non superiore all’anno.
La Legge 24 giugno 1997 n. 196, seguendo le linee guida tracciate dalla prassi della contrattazione collettiva, ha posto un tetto all’orario settimanale di lavoro di massimo di n. 40 ore settimanali[1] ed in n. 8 giornaliere.
Superando la nozione di orario medio, la più recente Direttiva 2003/88/CE dispone che:
- CAPO 2 ART 3: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive.”
- CAPO 2 ART 5: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3. ” In base all’art. 16, “gli Stati membri possono prevedere per l’applicazione dell’articolo 5 (riposo settimanale), un periodo di riferimento non superiore a 14 giorni”;
- Capo 2 ART 6: ” (…) in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori: la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non deve superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.”
- CAPO 2 Art.8: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché (…) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore ”
Articolazione dell’orario di lavoro giornaliero
Nella nuova legge non viene definito esplicitamente il limite massimo della durata del lavoro giornaliero, bensì solo di quello settimanale. Viene posto un limite massimo all’orario di lavoro giornaliero, 12 ore complessive, derivanti da un vincolo da rispettare per ogni giorno di lavoro diventano una media riferita a un periodo di 4 mesi.
Il limite giornaliero, comprensivo di straordinari, si deduce solo indirettamente, in base all’art. 7 che stabilisce che «il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore».
Le ore annuali di lavoro non sono correlate alla produttività misurata secondo l’indice PPP (Parità di potere d’acquisto) in dollari .
In particolare dal grafico si nota che paesi come Corea, Grecia e Israele nonostante abbiano un numero annuale di ore lavorate molto alto (1900-2000 ore annue), hanno però una scarsa produttività (35-40 dollari).
Paesi come l’Italia,la Spagna, la Polonia, la Nuova Zelanda nonostante lavorino un po’ meno (1700-1800 ore annue) hanno una produttività leggermente superiore (40-50 dollari).
Invece paesi come Germania, Danimarca, Norvegia, Olanda, Islanda, Svezia che lavorano molto meno (1400-1500 ore); e comunque hanno una produttività molto più alta (70-90 dollari).
Infine il Lussemburgo con 1500 ore lavorative annue ha una produttività di 95 dollari, mentre l’Irlanda con quasi 1800 ore lavorative ha una produttività di 100 dollari.