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Reporter Senza Frontiere: libertà di stampa

Difendere i valori: L’Unione Europea soffre anche al suo interno

L‘Europa resta un continente favorevole alla libertà di stampa, anche se non mancano, anzi, sono in aumento episodi di violenza nei confronti di giornalisti. I meccanismi creati dall’Unione Europea (UE) per la protezione delle libertà fondamentali, sono blandi e lenti, non riescono infatti a contrastare quanto avviene, soprattutto in alcuni paesi dell’Europa centrale.

L’intero continente europeo, è attualmente impegnato a combattere il Covid-19, ma sono pochi i paesi dell’area, che possono vantarsi di aver difeso la libertà di stampa, con lo stesso impegno e determinazione. Seppur è riconosciuto, che informazioni affidabili si sono affermate, diventando strumento essenziale, nel campo della lotta al coronavirus, sono state evidenziate violazioni al diritto all’informazione, in molti paesi europei.

 

Professione giornalista: “impunità” è la minaccia che la rende pericolosa 

I crimini, commessi contro i giornalisti, che troppo spesso non trovano i colpevoli, generano un effetto deleterio su diversi giornalisti,  spingendoli all’autocensura. Il problema è stato spesso riscontrato nell’Europa sudorientale, ad esempio è stato particolarmente evidente:

  • in Slovacchia (35 °, -2), dove il processo per l’omicidio del giornalista Jan Kuciak, è stato caratterizzato dall’assoluzione, di un uomo accusato di averne ordinato l’eliminazione.
  • A Malta (81 °) nel 2020, è stato condannato un solo scagnozzo, connesso all’assassinio di Daphne Caruana Galizia.

L’incapacità (e mancata volontà) degli Stati, di proteggere i giornalisti minacciati è determinante nel sentimento di insicurezza.

La difficoltà di affrontare i segreti di stato e la disinformazione

Nel mondo e in particolare nei paesi dell’est e in parte dell’ovest, hanno adottato una nuova legislazione: così facendo hanno limitato il diritto all’informazione. agevolando il ricorso ad arresti e detenzioni di giornalisti. Non pochi paesi hanno operato per limitare, la divulgazione d’informazioni, che trattano argomenti sensibili, come anche la crisi del coronavirus.

Ad esempio ricordiamo l’improvviso arresto, nella sua a casa in Serbia 93 °, della giornalista Ana Lalić; “rea” di aver riferito notizie (da mantenere riservate), su di un ospedale che combatteva la pandemia Covid-19. Così come in Kosovo 78 °, è stata arbitrariamente arrestata per strada, la direttrice del sito KoSSev, Tatjana Lazarević, mentre scopre gli effetti della crisi sanitaria.

Segreti e disinformazione anche in Europa 

Ma anche l’Unione Europea, ad esempio sulla questione migratoria, si è rivelata in difetto. Sia in Grecia 70 °, dove le autorità hanno arrestato giornalisti, per impedire loro di entrare in contatto con i migranti. Come anche in Spagna 29 °, per limitare notizie sulla questione migratoria, dove le autorità delle Isole Canarie, hanno messo in atto varie forme di ostruzione:

  • rifiuto di informazioni sui luoghi di sbarco dei migranti,
  • ricorso a ostacoli fisici da ostacolare scatti dei fotografi,
  • implementazione dei protocolli di sicurezza,
  • ecc.

Spegnere il giornalismo, alcuni paesi lo fanno bloccando i giornalisti

L’Ungheria 92 ° in graduatoria, con le informazioni bloccate sul coronavirus, è tra questi; essa ispira alcuni Stati membri dell’Unione europea, dando cattivo esempio a paesi candidati, con la sua scelta politica, di sopprimere la libertà di stampa e di espressione. Le vittime della sua aggressiva politica  sono i media pubblici e privati, dei paesi vicini.            

In Ungheria, la normativa di emergenza (in vigore da marzo 2020), continua a criminalizzare la diffusione di (quelle che definisce) “false informazioni”, sul coronavirus e blocca l’accesso alle informazioni. I giornalisti e le loro fonti restano soggetti sia agli effetti dell’autocensura sia al divieto di denuncia esistente negli ospedali.

Nel marzo 2021, una trentina di redazioni, hanno chiesto con una lettera aperta, la revoca di questo blocco informativo; ottenendo del governo, che li ha accusati di diffondere disinformazione (reato punibile con sanzioni penali) un netto rifiuto. Contemporaneamente, i media stranieri che supportavano la richiesta, furono presi di mira, con una campagna di stampa intimidatoria.

La Polonia 64 °, con la statale Telewizja Polska Televisione Polacca in italiano, utilizza la TVP Polonia canale televisivo di sua proprietà, dedicato ai cittadini polacchi residenti all’estero, trasformandolo in organo di propaganda governativa. Inoltre con il blocco della concessione ​​dei fondi statali, a coloro che rifiutano di seguire, la linea politica del governo.

Come in Slovenia 36°, con la sua statale Sloveno Agenzia di stampa, in aggiunta alle pressioni fiscali, commerciali e legislative; uno stato dove gli organi di stampa privati, ​​sono esposti a condizionamenti estremi, anche tramite l’acquisizione dei media locali, da parte di un società controllata dallo Stato, da un progetto di regolazione politica dei social network, sin anche attraverso la proposta di tassa, sulle entrate pubblicitarie.

Di contro l’UE, resta in finestra impotente, non utilizzando la procedura di sanzioni previste, contro gli stati che minato lo Stato di diritto. Infatti non procede, attraverso il meccanismo che subordina l’accesso ai fondi europei, al rispetto dello Stato di diritto. Dribbla escludendo la libertà di stampa, dalla procedura si sanzioni.

Con la violenza, l’odio e l’incomprensione il giornalismo si avvia al servilismo  

La violenza e le campagne d’odio, prendono di mira non solo i giornalisti investigativi, ma anche quelli che coprono le proteste. I media sono sempre più presi di mira, da individui vicini a movimenti estremisti e cospiratori (durante le manifestazioni), anche contro le restrizioni sanitarie in Europa occidentale. Inoltre ultimamente molti giornalisti sono stati attaccati, sia in Germania 13 ° che in Italia 41 °. Peggio ancora va in Grecia 70°, dove hanno subito violenze della polizia, con arresti arbitrari, limitando l’autonomia della stampa.

In Francia 34 °, violazioni sono avvenute, anche durante le manifestazioni contro il nuovo piano nazionale e il disegno di legge “sicurezza globale”, che prevedono la limitazione della diffusione delle immagini, delle forze dell’ordine. Sono stati segnalati casi di violenza da parte della polizia, anche nella parte orientale dell’UE; in particolare in Polonia 74°, dove diversi giornalisti, sono stati aggrediti o arrestati, durante le proteste antigovernative. In Bulgaria, le autorità si sono rifiutate di indagare, sulle violenze della polizia, contro il giornalista Dimiter Kenarov.

Reporter Senza Frontiere (RSF), nel suo rapporto annuale avverte: “Principale vaccino contro la disinformazione”, il giornalismo è al momento ostacolato, in più di 130 Paesi, anche con la pandemia che condiziona negativamente l’accesso alle notizie.
Secondo Reporter Senza Frontiere, solo 12 Paesi su 180, ovvero il 7%, contro l’8% del 2020, mostrano una “buona situazione” sulla libertà dell’informazione. La “zona bianca” dove l’informazione è buona, negli ultimi 8 anni non è mai stata così ristretta.
I primi tre nella classifica, sono la Norvegia (1 °), la Finlandia (2 °) e la Svezia (3 °, +1) 

Resta dunque Norvegia, la nazione più virtuosa, la quale mantiene il primo posto per il quinto anno consecutivo. Seguono la Finlandia e la Svezia, tornata terza e la Danimarca passa al quarto posto. Mentre la Germania perde due posizioni, andando al 13° posto, uscendo dalla zona bianca. 
L’Europa rimane la regione più sicura, ma si sono moltiplicate, secondo Rsf, le aggressioni e gli arresti abusivi, soprattutto in Francia (34/a) durante le manifestazioni contro il disegno di legge “sicurezza globale”. L’ Italia invece si conferma al 41° posto.

Dall’altra parte dell’Atlantico, la situazione rimane “piuttosto buona” negli Stati Uniti 44° che guadagna un posto, malgrado l’ultimo anno di mandato di Donald Trump, sia stato caratterizzato, da un numero record di aggressioni (quasi 400), e numerosi arresti di giornalisti (130).

Mentre nella “zona rossa” si distingue il Brasile, con il suo presidente Bolsonaro, che ha fatto del dileggio ai giornalisti, il suo modus vivendi. La fredda Russia perde una posizione passando nella 150°, per essersi adoperata nella limitazione della copertura, delle manifestazioni dei sostenitori di Alexeï Navalny. Ma alla fine, resta sempre l’Africa, il continente “più violento” nei confronti dei giornalisti; seppur l’africa ha anche registrato dei miglioramenti di 13 posizioni del Burundi passato al 147 /o posto, di 10 posizioni nella Sierra Leone ora al 75/o e Mali 9 posizioni passata al 99/o.

Dati sulla classifica della libertà di stampa 2021

Movimento CittadiniNelCuore

 

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