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Covid19: analizziamo l’evoluzione dei decessi

Nuove infezioni e decessi segnalati in Europa alla data del 28 Aprile 2021 

Tanti i pareri spesso discordanti appaiono sui media

C’è chi minimizza il costo in vite umane, che il covid19 ha causato in Italia, mentre altri lo drammatizzano, alcuni anche equiparandolo ai morti delle ultime guerre. Cercheremo (esaminando i dati Istat), di relazionare con l’aiuto di una serie di screenshot (Istat), nel modo più semplice possibile, per dare la possibilità ai lettori, di farsene anche una idea personale.

Secondo il quinto Rapporto sui decessi prodotto congiuntamente dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e dall’Istituto Superiore (Istat-ISS), tra il mese di febbraio e il 31 dicembre 2020; in quel periodo sono stati registrati 75.891 decessi nel Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 dell’ISS. Mentre nell’anno 2020, il totale dei decessi per il complesso delle cause, è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6% di eccesso). 

Sono molte le variabili che occorre prendere in considerazione 

Prima fra tutte va evidenziato che, per la classe di età 0-49 anni, nell’intero anno 2020, i decessi totali sono stati inferiori a quelli medi degli anni 2015-2019 dell’8,5%. 

Così come, che nessuno evidenzia un fatto: il numero dei decessi in Italia, era già in continuo aumento, anche prima dell’impatto Covid. Infatti l’Istat registrava nel nel 2017 ben 649.061 decessi contro i 557.393 (+91.668) di 15 anni prima. Ciò probabilmente a causa dell’aumento costante dell’età media (infatti dal 1946 e il 1964 si verificò il baby boom, mentre si è verificato un calo costante delle nascite già dal 1970).

Questo non significa che il Covid non abbia generato un numero di decessi aggiuntivi, ma che i numeri delle morti in più, vanno depurati o quanto meno interpretati. Va infatti anche considerato, che nei primi mesi dell’epidemia, molte morti, sono state causate dall’incapacità di affrontare la sconosciuta malattia, insieme alla scarsa ricettività delle strutture ospedaliere, che furono sovraccaricate per la mancanza di rete d’assistenza domiciliare territoriale.    

Decessi persone di età superiore ai 65 secondo ISS e 55 anni secondo Istat

ISS: Guardando alle classi di età, il contributo più rilevante all’eccesso dei decessi dell’anno 2020, rispetto alla media degli anni 2015-2019, è dovuto all’incremento delle morti, della popolazione con 80 anni (76,3% dell’eccesso di mortalità complessivo); in totale sono decedute 486.255
persone di 80 anni e oltre (76.708 in più rispetto al quinquennio precedente). L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro 20% dell’eccesso di decessi. 

Secondo Istat vedi screenshot sotto, rispetto il 2015 i decessi sono stati  93.112 il  +14,9%; mentre rispetto la media 2015-2019 sono stati 101.771 il +16,6%. Le persone decedute in più rispetto al al 2015 sono dunque tutte di età superiore ai 55 anni (pari 93.112 – 3.162=89.950); mentre rispetto alla media 2015-2019 le persone decedute in più sono 99.926 sempre comunque tutte con età superiore ai 55 anni (101171 – 1.245 =  99.926)

Filtro Decessi Over 55, tutta Italia, confronto con decessi dell’anno 2015   

Filtro Decessi Over 55, tutta Italia, confronto con decessi della media degli anni 2015-2019   

Decessi persone di età inferiore ai 55-Istat e 50 anni-ISS

Secondo Iss al 30 marzo 2021 sono 1188, dei 106.789 (1,1%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 282 di questi avevano meno di 40 anni (172 uomini e 110 donne con età compresa tra 0 e 39 anni). Di 80 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 164 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 38 non avevano diagnosticate patologie di rilievo.

Secondo Istat vedi screenshot sotto, rispetto il 2015 i decessi sono stati – 3.162 il – 9,5%; mentre rispetto la media 2015-2019 sono stati – 1.245 il -4%. 

Filtro Decessi Under 55, tutta Italia, confronto con decessi dell’anno 2015 

Filtro Decessi Under 55, tutta Italia, confronto con decessi della media degli anni 2015-2019   

Secondo il nuovo rapporto Iss su mortalità Covid di fine marzo 

Le terapie nel corso del ricovero utilizzate sono le seguenti:

  • La terapia antibiotica è stata comunemente utilizzata nel 86,0% dei casi,
  • terapia antivirale la meno utilizzata nel 43,2% dei casi,
  • quella steroidea abbastanza utilizzata 56,3% dei casi,

I casi: (N=6.992; valori mancanti=113).

Il comune utilizzo di terapia antibiotica, può essere spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o è compatibile con inizio terapia empirica, in pazienti con polmonite, in attesa di conferma laboratoristica di SARS-CoV-2. In 1.504 casi (21,9%) sono state utilizzate tutte 3 le terapie. Al 3,9% dei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi è stato somministrato Tocilizumab come terapia (N=6.992; valori mancanti=687).

I tempi del ricovero e del decesso. Nel campione di pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (N=6.992), i tempi mediani in giorni tra la data dell’insorgenza dei sintomi e la data del decesso sono stati di 13 giorni); tra la data dell’insorgenza dei sintomi e quella del ricovero in ospedale di 5 giorni; tra la data del ricovero in ospedale e quella del decesso di 8 giorni).

Il tempo intercorso dal ricovero in ospedale al decesso era di 5 giorni più lungo in coloro che venivano trasferiti in rianimazione rispetto a quelli che non venivano trasferiti (12 giorni contro 7 giorni).

Perché alcune fonti indicavano i corticosteroidi come utili nella cura di Covid-19?

Nell’ottobre scorso secondo Iss: “A causa del loro potente effetto antinfiammatorio, i corticosteroidi sono stati utilizzati, da soli o associati agli antibiotici, o ad altri trattamenti in patologie strettamente correlate a Covid-19; tra cui Sars, Mers, influenza grave, polmonite acquisita in comunità, Ards o sindrome da rilascio di citochine. Nih–Uscdc raccomanda di utilizzare desametasone 6 mg al giorno per un massimo di 10 giorni o fino alla dimissione (se antedente), per il trattamento del Covid-19 nei pazienti ospedalizzati ventilati meccanicamente (AI) e nei pazienti ospedalizzati che richiedono ossigeno supplementare ma che non sono ventilati meccanicamente (BI).

Può essere prescritto o meno insieme ad altri farmaci? Desametasone è un moderato induttore del citocromo CYP 3A4. La somministrazione concomitante con altri farmaci metabolizzati da CYP 3A4 può aumentarne la clearance, con conseguente diminuzione delle concentrazioni plasmatiche.
Si ricorda che la somministrazione concomitante di remdesivir e corticosteroidi non è stata formalmente studiata.

Quali prove di efficacia e sicurezza abbiamo a disposizione? Nella scheda Aifa riporta in maniera dettagliata i dati relativi a 5 studi randomizzati controllati e a una meta-analisi condotta dal Who. 

La scheda sull’utilizzo dei corticosteroidi 

http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=8988694.pdf

Questo lo scenario nel quale l’epidemia si è diffusa

Lo scenario di diffusione epidemica può essere sintetizzato in tre fasi:

  • Il periodo da febbraio alla fine di maggio 2020 (Prima ondata): si è caratterizzato per una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese.
  • Nella stagione estiva, da giugno a metà settembre (Fase di transizione), la diffusione è stata inizialmente molto contenuta.
  • A partire dalla fine di settembre 2020 (Seconda ondata) i casi sono di nuovo aumentati rapidamente fino alla prima metà di novembre, per poi diminuire. Rispetto alla prima ondata epidemica la situazione della diffusione in Italia è notevolmente mutata sia in termini quantitativi che di distribuzione geografica.
Uno scenario profondamente diverso da regione a regione

Il bilancio della prima fase dell’epidemia, in termini di eccesso di decessi per il complesso delle cause, è particolarmente pesante per la Lombardia (+111,8%); per tutte le altre regioni del Nord l’incremento dei morti del periodo marzo-maggio 2020 è compreso tra il 42% e il 47%; solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno un eccesso di decessi più contenuto (rispettivamente +19,4% e +9,0%).
Al Centro si evidenzia il caso delle Marche (+27,7%), regione che si distingue rispetto all’incremento medio della ripartizione (+8,1%).

Decessi Over 55 Lombardia, confronto con decessi dell’anno 2015; Lombardia, decessi Over 55 confronto con decessi della media anni 2015-19 

 

 

 
Decessi Under 55 Lombardia, confronto con decessi dell’anno 2015;  Lombardia, decessi Under 55 confronto con decessi della media anni 2015-19 

A partire dalla metà di ottobre 2020 diventano via via più evidenti gli effetti della Seconda ondata dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale.

Considerando i decessi per il complesso delle cause, durante il periodo ottobre-dicembre 2020 si sono contati 213 mila morti, 52 mila in più rispetto alla
media dello stesso periodo degli anni 2015-2019.In alcune regioni l’eccesso di mortalità dell’ultimo trimestre del 2020 supera quello della prima ondata (marzo-maggio 2020): in Valle d’Aosta (+63,7% rispetto al +42,6% del trimestre marzo-maggio), in Piemonte (+53% rispetto al +47,5%), in Veneto (+44,4% rispetto al 19,4%), in Friuli Venezia Giulia
(+45,6% a fronte del +9,0%), nella Provincia autonoma di Trento (65,4% vs 53,1%).

Al contrario, l’eccesso di mortalità del trimestre ottobre-dicembre, rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019, è più basso di quello della prima ondata in Lombardia (+37,1% in contrapposizione
al +111,8%), in Emilia Romagna (+25,4% rispetto a +43,6%), in Liguria (+33,9 vs +42,2%) e nella provincia autonoma di Bolzano (+39,1% rispetto a +45,4%).

Cambiano le ondate ma i decessi continuano ad interessare gli over 65

Importanti incrementi del numero di decessi si osservano anche per gli uomini di 65-79 anni (+67,6% nella prima ondata e +38,3% nell’ultimo trimestre del 2020 al Nord); nel Mezzogiorno nel trimestre ottobre-dicembre questa è risultata la classe di età con il maggior eccesso di mortalità tanto per gli
uomini quanto per le donne (+34,6% e +29,8% rispettivamente).

Per le donne la diminuzione è ancora più pronunciata e riguarda tutto l’anno e tutte le ripartizioni, mentre per gli uomini si registra al Nord un
lieve incremento dei decessi durante la prima ondata epidemica (+2,9% nei mesi da marzo a maggio) e nel Mezzogiorno nei mesi di ottobre-dicembre (+1,5%). Il fatto che la mortalità della popolazione più giovane nel 2020 risulti generalmente inferiore alla media del 2015-2019 è spiegata con la minore
letalità dell’epidemia al di sotto dei cinquanta anni e con la riduzione della mortalità per alcune delle principali cause che interessano questo segmento di popolazione come quelle accidentali, per effetto del lockdown e del conseguente blocco della mobilità e di molte attività produttive.
Gli effetti della seconda ondata epidemica sulla mortalità proseguono nel 2021.

Per il mese di gennaio si stimano 70.538 decessi, 2 mila in più rispetto alla media dello stesso mese del periodo 2015-2019 e 8.500 in più rispetto a gennaio 2020; questo eccesso per il 75% riguarda le regioni del Nord: la
Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna da sole spiegano il 50% dell’eccesso di gennaio 2021. Il valore assoluto dei decessi Covid-19 (12.527) riportato dalla Sorveglianza è superiore all’eccesso calcolato per gennaio 2021. Questo fenomeno è probabilmente attribuibile alla riduzione, rispetto agli anni precedenti, della mortalità per cause diverse dal COVID-19, come ad esempio l’influenza, che grazie alle misure di distanziamento ha avuto una minore incidenza nell’ultima stagione.

Fonti:  https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_10-marzo-2021.pdf

https://www.istat.it/it/archivio/254507

Movimento CittadiniNelCuore

 

Note:

Fonte: Iss,

Sistema di sorveglianza integrata Covid-19 Il picco giornaliero di nuovi casi è stato raggiunto Il 6 novembre con 41.242 casi segnalati al Sistema
di Sorveglianza Integrato. A partire dalla seconda decade di novembre la tendenza si inverte e i nuovi casi giornalieri iniziano a diminuire rapidamente; dall’inizio del mese di dicembre il ritmo della diminuzione rallenta e l’andamento dei nuovi casi presenta oscillazioni congiunturali più frequenti.

Questa dinamica è legata al numero di tamponi effettuati nelle varie fasi di diffusione dell’epidemia:
la capacità diagnostica nella prima fase dell’epidemia è stata limitata e pertanto l’esecuzione di test molecolari è stata riservata ai casi più gravi di malattia. A partire dal periodo estivo e durante i mesi invernali molte regioni hanno aumentato la capacità diagnostica individuando un maggior numero di casi.

Durante la prima ondata epidemica l’80% dei casi è stato segnalato nelle regioni del Nord, nei due periodi successivi questa maggiore diffusione è stata mantenuta seppur con percentuali minori: 54% nel periodo estivo (giugno-settembre), 58% nel periodo ottobre-dicembre 2020. Nelle tre fasi è
aumentata maggiormente la diffusione nelle regioni del Sud a partire dal periodo estivo.
Considerando il complesso dei casi diagnosticati in tutto il 2020, si nota che più del 50% è concentrato in 4 regioni del Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna; due regioni (Valle d’Aosta e Molise) hanno riportato meno di 10 mila casi ciascuna; rapportando i casi alla popolazione residente, tuttavia, la regione Valle d’Aosta presenta il tasso di incidenza cumulativo più elevato, superiore anche a quelli riportati da Veneto, Lombardia e Piemonte.

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